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al testo di Amina Narimi
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Una grazia che ignora se stessa un po' larga di fianchi qualcosa di cui potevi fidarti, nuove prospettive alla durata, tra ciò che Lei toccava, e ciò che la circonda dove finisce il suo corpo..ora sembra un’estensione con le cose nel soffio del sole che viene leggero foce di suoni e colori più fitte che mai le sue mani sanno di mirra e d’incenso. negli occhi c’è un minareto, e una pioggia trascorsa sulla sua schiena, di neve su neve per tutti i capelli bagnati a splendore
in coincidenza con lo spazio lasciato vuoto per la mente le gambe corrono tutta questa danza del suono come limite, dell’egoismo senza meta nei tuoi gesti. Nell’acquario forse i pesci muoiono, senza sfoggio d’umiltà, senza mansioni. Invece l’usignolo può cantare molto a lungo nella sua mole piccolissima e un cigno volare gli ottomila senza fatica del respiro riempiendo tutti gli spazi liberi con l’aria fino alla vertebre, alla cima delle ali..
quando resterà più luce allora immagina il gran peso delle Notti guarda coi tuoi occhi sani per sentire ancora al buio la latitudine dei sogni dove l’amore è indissolubile quand’è libero. Trattienilo nel volto c’è più del semplice passato che rimane, il suo canto puro verso l’Aperto.
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